PUGNOZEN: LA MENTE VIENE PRIMA DEL PUGNO - ACCADEMIA ARTI ORIENTALI ASD

STORIA DEL KARATE

Libero adattamento dal libro del M° Seikichi Toguchi

OKNAWAN GOJU RYU (ediz.Ohara)

28 luglio 2002 Leonardo Mazzeo

karate

Storia

Missione e scopo del karate

Il Karate nacque quando la pace, ispirazione della gente d’Okinawa, era una sola cosa con lo spirito dello Zen, concretizzato nella boxe del Tempio Shorin. E’ per questo che il suo scopo è completamente differente da quello di qualsiasi altra arte marziale: mentre lo scopo principale di tutte le altre arti marziali è quello di uccidere e ferire la maggior quantità di nemici possibile, la preoccupazione primaria del karate è semplicemente l’autodifesa.

Certamente difesa e offesa non possono esistere separatamente e, conseguentemente, un addestramento nelle tecniche difensive superiori necessita unaddestramento nelle tecniche offensive superiori.

Ora, il crescente interesse per il karate non deriva dal pregio delle sue tecniche o dalla mistica orientale, ma piuttosto da un apprezzamento sempre crescente dello spirito del buddismo zen e dello spirito pacifico di Okinawa. Il fervente desiderio del M° Seikichi Toguchi è che lo spirito del karate-Do venga giustamente compreso e che, con l’apprezzamento di questo spirito, la pace discenda nel mondo.

Storia del Karate - Do di Okinawa

Okinawa, isola dalle poche risorse naturali per il sostentamento della sua vasta popolazione, ha storicamente imposto ai suoi abitanti grandi pene, sia politiche che fisiche. Nonostante questo, la gente mantenne una indomabile volontà di sopravvivenza. Quando persecuzioni ed ostilità senza motivo si abbattevano su di loro, questa gente amante della pace si ritirava nello spirito delle arti marziali che gli era proprio.

Così essi combatterono senza armi contro nemici armati, usando solo le nude mani e i piedi scalzi con un metodo di autodifesa chiamato karate-jutsu. Per mezzo dell’impiego di queste tecniche, mani e piedi, di solito alle prese con attività non violente, divennero di per sé delle armi.

La tecnica chiamata shuto (tagliare), tutt’oggi praticata, è una vestigia di quei tempi antichi, quando le mani per la prima volta funzionarono come spade.

Anche se la maggior parte di questa difesa era attuata senza armi, occasionalmente la gente di Okinawa utilizzava armi contro i loro nemici armati. Queste includevano il nunchaku e altri attrezzi. Forse il divieto delle armi da partedi Lord Shoshin nel 1488 e la famosa battaglia di Keicho nel 1609 contribuirono allo sviluppo di queste armi del karate. Nella battaglia di Keicho, non avendo armi, la gente della città di Shuri utilizzò strumenti della vita di tutti i giorni. Il nunchaku era in origine una briglia da cavallo o un’asta di un carro, il tonfa era una zappa per le patate o un pestello e il timbei (scudo) deriva da un coperchio di pentola.

Alcuni hanno argomentato che lo sviluppo delle tecniche di karate di Okinawa traggono origine dall’utilizzo di queste armi, in particolare nella battaglia di Keicho. Questo, tuttavia, non corrisponde al vero. Le tecniche del karate facilitarono l’utilizzo di queste armi e non vice versa e certamente l’impiego di queste armi nella battaglia di Keicho presuppone la conoscenza delle tecniche di karate. Infatti, la deprivazione del diritto di portare armi stimolò lo sviluppo del karate-do a Okinawa.

Lo Sviluppo del Karate - Do Moderno

All’inizio il karate si chiamava semplicemente tee (mano). Quando, nel tardo ‘800, il tee fu incorporato nei programmi scolastici di educazione fisica, gli fu dato il nome di karate (mani vuote) per distinguerlo dal todee (mano cinese), una forma di tee introdotto dalla Cina. Letteralmente karate significa “mani nude e pugni spogli”.

I due stili originali di karate, sviluppatisi rispettivamente nelle regioni di Shuri-Tomari e Naha, furono chiamati Shuri-te e Naha-te. Molti maestri di karate contribuirono a questi stili, ma i due considerati i padri del karate moderno sono il maestro Anko Itosu di Shuri-te e il maestro Kanryo Hihaonna di Naha-te. All’inizio del ‘900 il maestro Itosu introdusse e insegnò il karate come un regolare corso di educazione fisica nella programmazione scolastica delle scuole elementari e medie di Naha. Il Maestro Higashionna fece lo stesso nelle scuole di polizia e altre scuole medie di Naha. In questo modo portarono il karate dai metodi di combattimento del passato al suo status moderno di arte marziale.Lo stile Shuri-te del maestro Itosu diventò poi Shorin-Ryu, mentre il maestro Higaonna, partendo dal Shuri-te sviluppò poi il Naha-te, il predecessore del Goju-Ryu di oggi.

Le Origini del Goju Ryu

Nonostante avesse cominciato a studiare lo Shuri-te nella sua infanzia, da giovane il Maestro Higaonna viaggiò anche in Cina dove si addestrò nella box cinese. Quando finalmente ritornò a Okinawa, cominciò a combinare i più forti elementi del tee con quello che aveva imparato in Cina. Il risultato fu una forma di arte marziale, informalmente chiamata Naha-te, più adatta ai bisogni del suo paese.

Quando nel 1929 i delegati si riunirono a Kyoto per un raduno nazionale sulle arti marziale, il maestro Higaonna chiese al maestro Chojun Miyagi, il suo migliore studente, di rappresentarlo. Il maestro

Miyagi tuttavia fu anch’egli impossibilitato a partecipare e così, a sua volta, nominò come suo sostituto uno dei suoi studenti, il Sig. Shinsato.

Al raduno parteciparono in massa studenti di karate delle scuole dai nomi molto altisonanti. Il Sig. Shinato tuttavia non seppe rispondere quando gli fu chiesto il nome del suo stile. Ammettere che il suo stile non aveva nome formale avrebbe danneggiato la reputazione del Naha-te e, agli occhi dei suoi colleghi, egli sarebbe apparso un semplice dilettante. Non avendo scelta allora il Sig, Shinsato cercò a tentoni un nome improvvisato e nominò il suo stile hank-ryu (stile mezzo-duro).

Quando il Sig. Shinsato ritornò dal maestro Miyagi, gli riferì del nome scelto in tutta fretta. Il maestro lo trovò abbastanza ragionevole e citò una frase dagli “Otto Poemi dei pugni della tradizione cinese”: ” Ho wa goju o tondo su (tutto nell’universo respira il duro e morbido)”, e così il Naha –te prese formalmente il nome di Goju-Ryu (Go:forza e ju:morbidezza).

Il Goju si applica sia alla società che al karate. La sola durezza e la sola morbidezza creano una incapacità di trattare effettivamente con le fluttuazioni della vita. La cortesia è un piccolo esempio di questo. Il suo uso può ammorbidire uno scambio altrimenti duro. Allo stesso modo nel karate durezza e morbidezza si combinano in tecniche efficaci. Mentre si prepara a bloccare, il corpo è morbido e in inspirazione. Quando attacca o colpisce con un pugno diventa duro e in espirazione. Questa compresenza di duro e morbido caratterizza il karate Goju-Ryu.

Vuoi saperne di più?

Desideri leggere la seconda parte di questa storia appassionante?

Storia del Karate - parte II
top